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Internet Ergo Sum

L’utilizzo della rete ha cambiato il modo di pensare degli uomini?

Kevin Kelly | Giornalista e cofondatore Wired

Sappiamo bene che l’uso della tecnologia influisce sul nostro cervello. La capacità di leggere e scrivere è uno strumento cognitivo che cambia il modo in cui elaboriamo le informazioni. Quindi, se saper leggere e scrivere può cambiare il nostro modo di pensare, immaginate quanto il nostro cervello venga modificato da internet dalle 10 ore al giorno che passiamo davanti al PC.

Il Web è la mia carta e la penna, sono diventato più bravo a raccogliere informazioni. Ma la mia conoscenza è più fragile. Per ogni informazione che trovo c’è qualcuno pronto a dire il contrario. Ogni dato ha il suo antidato. Non ho più certezze. Invece di affidarmi a un’autorità, sono costretto a crearmi le certezze, non solo sulle cose che mi interessanto ma su tuttoquello che leggo.
In generale quindi mi capita di presumere sempre più spesso che quello che so è sbagliato. Un atteggiamento ideale per uno scienziato. La capacità di accettare l’incertezza è uno dei cambiamenti che ho subito.

L’incertezza ha dei tratti in comune con la liquidità, e ora anche il mio modo di pensare è più liquido. Non è statico, è fluido come una voce di Wikipedia. Cambio opinione più spesso. I miei interessi nascono e muoiono rapidamente. Sono meno interessato alla Verità e sempre più interessato alle verità.

Richard Dawkins | Biologo evoluzionista

Il Web è un’invenzione geniale, uno dei traguardi più alti raggiunti dalla specie umana. La sua qualità migliore è quella di non essere stato creato da un singolo genio, nè da una grande azienda, ma da una comunita anarchica composta da singoli e gruppi sparsi per il mondo. Le sue dimensioni sono sovraumane.
Internet è una rete che nessuno ha mai progettato, che è cresciuta in modo organico ma casuale, secondo princìpi non solo biologici ma specificamente ecologici.

L’inaspettata unificazione mondiale che il Web sta realizzando somiglia all’evoluzione del sistema nervoso degli animali pluricellulari. Una certa scuola di psicologia potrebbe considerarla il riflesso dello sviluppo della personalità dei singoli individui.

Douglas Coupland | Scrittore

Internet mi ha fatto accettare un livello di onniscienza che dieci anni fa era impensabile. A volte mi chiedo se Dio non si annoi a sapere tutte le risposte. Internet mi costringe a capire chi sono davvero e cosa c’è di unico in me, e naturalmente in chiunque altro. E questo mi piace.

Clay Shirky | Ricercatore

E’ troppo presto per capire se internet ha cambiato i nostro modo di pensare. I cambiamenti profondi si manifesteranno solo quando nuove forme culturali regoleranno quello che può fare la tecnologia.
L’influenza principale di internet sul nostro modo di pensare si rivelerà solo quando agirà sull’ambiente culturale, non solo sul comportamento dei singoli utenti.

Steven Pinker | Psicologo

Sono una persona che crede sia nella natura umana sia nei princìpi immutabili della logica. Quindi sono molto scettico sull’idea che internet stia cambiando il nostro modo di pensare. I mezzi di comunicazione digitali non modificheranno mai i meccanismi con cui il cervello elabora le informazioni nè sostituiranno il ragionamento diretto o il teorema delle probabilità di Bayes.

L’aspetto più interessante dello sviluppo di internet non è come sta cambiando il modo di pensare delle persone, ma come la rete si sta adattando al loro modo di pensare.

Jamshed Barucha | Psicologo

Nel bene e nel male la sincronizzazione dei pensieri e dei comportamenti favorisce la coesione di un gruppo. Internet sincronizza tra loro molte persone. La scoperta di nuovi strumenti ha sempre cambiato il nostro modo di pensare. Siamo esseri sociali, e internet è lo strumento sociale più potente con cui il cervello umano abbia mai lavorato.

La sua forza unificante non solo ha cambiato il modo in cui pensiamo a noi stessi e al mondo, ma ha fatto emergere una nuova forma di cognizione, che si verifica quando tante singole menti sono sincronizzate e intrecciate tra loro.

3d0 Web Agency

Tu sei il male 2/17

Rubrica #RecensioniNonRichieste 2/17

Un poliziesco – tutto italiano – di grandissimo spessore. Una storia che si intreccia con la storia del nostro paese.
Tu sei il male è un romanzo di Roberto Costantini pubblicato nel 2011 ed è il primo capitolo della Trilogia del male.

Una storia lunga 24 anni e più. Due finali del mondiale vinte dall’Italia (1982 e 2006) unite da una lunga striscia di omicidi, segreti, indagini (più o meno sporche) e tanti misteri da risolvere.
Appassionante, sempre scorrevole, non sempre lineare, ma nel complesso ben scritto.

Voto 7+

Tu sei il male

Il protocollo HTTPS è un fattore SEO?

Molti web marketer e seo specialist se lo chiedono: ma il protocollo HTTPS fa davvero la differenza sul posizionamento di un sito web sui motori di ricerca? Partiamo dalle basi.

Che cos’è il protocollo HTTPS?

Google in persona ci dice che:

“HTTPS (Hypertext Transfer Protocol Secure) è un protocollo per la comunicazione su Internet che protegge l’integrità e la riservatezza dei dati scambiati tra i computer e i siti. Gli utenti si aspettano che l’esplorazione di un sito web avvenga in modo sicuro e riservato. Ti incoraggiamo, pertanto, ad adottare il protocollo HTTPS per proteggere la connessione degli utenti al tuo sito web, indipendentemente dai contenuti del sito.

I dati inviati utilizzando HTTPS vengono tutelati mediante il protocollo Transport Layer Security (TLS), che fornisce tre livelli di protezione essenziali:

  1. Crittografia. I dati scambiati vengono criptati per proteggerli dalle intercettazioni. Ciò significa che, mentre l’utente consulta un sito web, nessuno può “ascoltare” le sue conversazioni, tenere traccia delle attività svolte in più pagine o carpire le sue informazioni.

  2. Integrità dei dati. I dati non possono essere modificati o danneggiati durante il trasferimento, intenzionalmente o meno, senza essere rilevati.

  3. Autenticazione. Dimostra che gli utenti comunicano con il sito web previsto. Protegge da attacchi man-in-the-middle e infonde fiducia negli utenti, il che si traduce in altri vantaggi commerciali.”

Sempre Google poi dopo averci spiegato cosa sia il protocollo HTTPS entra nel dettaglio e risponde chiaramente alla domanda del titolo di questo post: “HTTPS as a ranking signal” (articolo pubblicato il 6/8/2014 su Google Webmaster Central Blog.

Quindi lascia poco spazio ai dubbi. Il protocollo HTTPS influenza fortemente il posizionamento dei siti web ed è un fattore SEO per migliorarlo o attestarlo su alti livelli.

La sicurezza è una priorità assoluta per Google, come ci ricorda il Tagliaerbe. Investiamo un sacco per fare in modo che i nostri servizi abbiano un livello di sicurezza ai massimi nel settore, come una forte crittografia HTTPS di default. Ciò significa che chi utilizza la ricerca, Gmail e Google Drive, per esempio, ha automaticamente una connessione sicura verso Google.

Ovviamente se un sito web non è ottimizzato, fatto male, realizzato con una tecnologia obsoleta e non è mobile-friendly non c’è protocollo HTTPS che tenga. Anzi.

Web Agency Napoli

Anche noi sul sito 3d0 Web Agency abbiamo adottato l’HTTPS e questo ci servirà per fare qualche test di prima mano. Vi faro sapere 😉

 

Sharing Economy

La sharing economy, cioè economia della condivisione, in italiano viene anche chiamata “consumo collaborativo”, ed è una tipologia di rete economica emergente all’interno della quale le persone condividono vari tipi di risorse, come conoscenze, beni e servizi, di solito ad un costo di molto inferiore rispetto a quello di mercato.

Il concetto chiave della sharing economy è la possibilità di condividere guadagnando (o risparmiando) e di solito questo tipo di accordi consente ai partecipanti di condividere fra di loro prodotti o servizi, ponendo in secondo piano il concetto tradizionale ed orami superato di proprietà. Un bell’audiolibro che mi ha offerto molti di spunti di riflessione sull’argomento è “La Sharing Economy” di Barcelò.

Con la sharing economy si promuovono nuovi stili di vita che prediligono il risparmio, il riuso e la ridistribuzione del denaro e che favoriscono la socializzazione e la salvaguardia dell’ambiente. In alcuni casi, la sharing economy consente alle persone di usufruire di beni di valore, pensiamo alle automobili o a strumenti di elevato valore, senza esserne proprietari evitando quindi le responsabilità che ciò comporta, mentre per altri la sharing economy costituisce un’opportunità di guadagnare sfruttando i beni o le capacità a disposizione. Tutti possono partecipare alla sharing economy e probabilmente lo facciamo già anche senza rendercene conto.

Ovviamente la nascita del fenomeno ha delle precise motivazioni tecnologiche, economiche, politiche e sociali. Internet è stata fondamentale ed ha sicuramente cambiato il rapporto fra i consumatori e i beni, rendendo possibili e sempre più comuni molte transazioni economiche fra persone che si trovano geograficamente distanti. La crisi economica e le sue conseguenze in termini di precariato e crollo del potere d’acquisto sono un altro dei motivi per cui le nuove piattaforme, che consentono dei risparmi consistenti, sono diventate popolari. Inoltre, il consumo è diventato un progetto centrale nella vita delle persone, ma anche il ridimensionamento del ruolo dello Stato e il suo adeguarsi alle logiche di mercato è un fattore che ha favorito la diffusione delle piattaforme di condivisione.

sharing-economy

Alcuni dati della Sharing Economy

Il 13% della popolazione ha utilizzato almeno una volta i servizi di sharing economy. L’economia collaborativa infatti in Italia si avvicina al tipping point per la diffusione di un fenomeno tra la popolazione (previsto al 15% ).
Gli Early Adopter, per lo più uomini con livello di istruzione elevato e residenti in grandi centri abitati, hanno utilizzato almeno una volta servizi legati alla sharing economy, soprattutto perché propongono soluzioni innovative e rispettose dell’ambiente, favoriscono la socializzazione e il risparmio economico. Tra i servizi più utilizzati troviamo certamente quelli legati alla mobilità (car sharing), gli alloggi condivisi, i servizi dedicati agli scambi ed ai baratti.

Tra le resistenze di chi invece non ha provato i servizi di sharing, le motivazione più diffuse riguardano sia la ritrosia a condividere beni di proprietà che la scarsa fiducia verso gli altri.

Le persone non leggono

Le persone non leggono. È un dato di fatto.

E non sto parlando del processo culturale che spinge le persone a leggere sempre meno libri o a comprare quotidiani. Mi riferisco ai processi mentali che portano le persone a non prestare attenzione (quindi leggere in senso lato) i cartelli, i divieti, le indicazioni e quindi le pubblicità, i banner, i testi di un sito web.

Perché le persone non leggono? Non è una domanda di facile ed unica risposta. I motivi possono essere vari, solo il risultato è sempre lo stesso. E lo possiamo osservare tutti i giorni, soprattutto chi si occupa di web marketing o social media marketing; non è raro infatti pubblicare un’offerta su un sito web o sui social network comprensiva di informazioni, descrizioni e prezzo ma puntualmente alcuni utenti chiedono nei commenti: “scusi quanto costa quest’articolo?”
Se avessero letto, e prestato attenzione, a ciò che c’era scritto sicuramente non avrebbero posto una domanda del genere.

Pertanto la prima cosa da avere bene in mente prima di scrivere qualcosa, in particolare online sul proprio sito web o sui social network, è la regola aurea di chi si occupa di comunicazione: le persone non leggono.

 

Il bellissimo libro scritto da Yvonne Bindi “Language design: guida all’usabilità delle parole per professionisti” spiega meglio di qualsiasi altro testo questo concetto:

“sul Web le persone non leggono, e poiché il Web è fatto essenzialmente di testo il fenomeno appare fondamentalmente controverso. Ma gli utenti vanno di fretta, sono distratti fra i molti contenuti che competono tra loro, fanno altre cose mentre leggono e così via.
Per ovviare al problema disseminiamo le pagine di segnali che guidino la lettura e la rendano un’esperienza piacevole, spezzettiamo i testi in paragrafi e li offriamo in piccole porzioni affinché siano più facilmente digeribili. Cerchiamo di essere brevi ma informativi, chiari ma non banali, originali ma comprensibili. Inseriamo titoli attraenti, usiamo font che facilitano la lettura e scegliamo i colori più adatti per far cliccare sui link nella speranza che le persone prestino attenzione a ciò che vogliamo dire loro.”

Una fonte fondamentale che ci spiega chiaramente questi concetti è il libro seguente. Illuminante.Le persone non leggono

Avete letto con attenzione il titolo? Ve ne siete accorti? C’era qualcosa che non andava? Avete notato l’errore oppure è sfuggito anche a voi? Se è così non vi preoccupare non siete i soli, anzi fate parte della maggioranza 🙂
Manca un di ma il nostro cervello non ci fa caso, si appoggia al materiale linguistico che reputa valido, lo ricostruisce e si comporta come se ci fosse.

Un interessante articolo di Intesys Journal ci segnala 5 punti su questo argomento:

  1. Problem Solving: buona parte della fatica che si impiega per risolvere il problema è dato dall’atteggiamento personale con cui si affronta quel problema. La stessa cosa avviene con la lettura.
  2. Non leggiamo le pagine, le scrolliamo: Steve Krug ci insegna come le persone che navigano in internet non leggano ma scrollino i contenuti all’interno della pagine alla ricerca di quelle parole o immagini che permettano loro di capire il senso generale di quello che sta osservando.
  3. La legge di Hick: ci spiega come il tempo per prendere una scelta varia in base al numero di opzioni disponibili. Maggiori sono le etichette a disposizione maggiore è il tempo impiegato per scegliere (secondo noi) quella più corretta. Il nostro cervello, infatti, tende automaticamente a creare legami, anche dove non ci sono ed a percepire due o più elementi vicini nello spazio come un’unica figura o strettamente correlati.
  4. Solo scelte soddisfacenti: le persone non cercano la scelta migliore ma quella più ragionevole. Così facendo, la percentuale di errore quando si legge aumenta notevolmente. Il nostro cervello funziona a risparmio.
  5. l principio del minimo sforzo: minore è lo sforzo meglio è. Il nostro cervello ragiona proprio così, soprattutto quando è necessario compiere una scelta o ricercare un’informazione. Piuttosto di fare fatica infatti, la persona è disposta a scendere ad un compromesso in termini di qualità e quantità dell’informazione che sta cercando.

Quelle dette fino ad ora, sono solo alcune delle motivazioni che probabilmente spiegano la difficoltà che le persone incontrano nell’interagire con i testi e nella lettura e per spiegare a chi ancora non ci crede che le persone non leggono. C’è poco da fare.