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Capitalismo immateriale: un libro necessario

Capitalismo immateriale. Le tecnologie digitali e il nuovo conflitto sociale” di Stefano Quintarelli è un libro che dovrebbe essere studiato in tutte le facoltà universitarie, soprattutto quelle non STEM.
Un volume necessario che scardina luoghi comuni e delinea (spiegando i passaggi logici) le dinamiche della società contemporanea.

Materiale e immateriale non sono sinonimi di reale e virtuale. Il reale può essere materiale o immateriale. Per questo non è corretto usare il termine “virtuale” per riferirsi alla realtà immateriale, la quale ha regole radicalmente diverse dalle regole di base del materiale. Nella dimensione immateriale il mondo è un grande #qui e un grande #adesso e tutto questo condiziona (se non addirittura determina) la realtà e le infrastrutture materiali.

Tali dinamiche stanno profondamente cambiando non solo la dimensione economica legata allo sviluppo tecnologico o della produzione del lavoro, ma investe gli aspetti culturali e sociali che reggono le relazioni umane.

Per questo motivo sono felicissimo che Stefano Quintarelli (così come tantissimi altri straordinari professionisti) abbia accettato di discutere di questi temi negli incontri che stiamo organizzando in Fare Digitale e mi auguro che ancora tante persone decidano di iscriversi a www.faredigitale.org (la quota di iscrizione è solo di €10) e partecipare al cambiamento in atto.

Fundraising e marketing per i musei

I musei oggi si trovano di fronte a una doppia sfida: non basta raggiungere e attrarre nuovi visitatori, ma è necessario trovare il modo per comunicare il proprio patrimonio in modo nuovo, che lo renda fruibile e più vicino alle esigenze di conoscenza ed esperienza di cittadini, turisti e nuovi pubblici.
Le istituzioni, tra difficoltà di varia natura, hanno la necessità di raccogliere la sfida della trasformazione e dell’innovazione digitale.

Le tecniche di fundraising, la conoscenza delle nuove dinamiche comunicative e l’utilizzo consapevole degli strumenti digitali sono leve indispensabili per sfruttare al meglio le opportunità della rivoluzione culturale e tecnologica in atto, ponendo il pubblico al centro di ogni strategia di comunicazione e marketing culturale.

Per questo motivo con Raffaele Picilli, fundraiser di grande esperienza, abbiamo deciso di scrivere “Fundraising e marketing per i musei“, un libro frutto di tanti mesi di lavoro, anni di esperienza sul campo e viaggi in giro per i musei europei per studiare novità e pratiche di successo. Marketing, digitale e fundraising possono davvero dare uno svolta alla vita dei musei, ma anche e soprattutto dei territori che li ospitano, in uno scambio sinergico che porta sviluppo culturale, sociale e economico.
Da inguaribili ottimisti noi crediamo fortemente nel marketing culturale e nelle tecniche di fundraising per i musei, e siamo sicuri che il 2020 sia l’anno della svolta.

Alla presentazione del libro “Fundraising e marketing per i musei” hanno partecipato il Presidente Alfonso Andria e il direttore Gabriel Zuchtriegel del Parco Archeologico di Paestum e Velia. Durante l’incontro si è discusso di come il marketing e il fundraising possano aiutare concretamente i musei a costruire rapporti e relazioni di valore con i visitatori e con il territorio di appartenenza. Molto interessante la discussione finale con il Presidente Andria e il direttore Zuchtriegel sul futuro dei musei e i musei del futuro.

Cosa penso della DaD (Didattica a Distanza)

Ma come, proprio tu che parli sempre di #digitale sei contro la didattica a distanza?

Questa è la frase (accusatoria, denigratoria, molto radical chic) che varie persone mi hanno rivolto negli ultimi giorni. Impossibile da ascoltare per i fautori del chiudiamo le scuole, spiazzante per quelli che vorrebbero tornare al 1970 che quasi non credono ai propri occhi.
Insomma, sono riuscito a scontentare tutti, dimostrando chiaramente che non potrò mai fare politica!

Provo a fare chiarezza su cosa penso della Dad e della scuola in presenza, così quando qualcuno me lo chiede gli mando il link a questo post.

La #scuola è un mondo troppo vario per essere categorizzato e stilizzato in poche parole, ci vuole pazienza per capire le varie sfumature. Allo stesso modo anche per la DaD non si può essere Pro o Contro: bisogna inserirla con le giuste misure nel contesto di riferimento.

Io penso che la Dad sia un ottimo strumento che abbatte le barriere di tempo e spazio, consente a chi vive lontano di seguire le lezioni, permette in un periodo di emergenza sanitaria di continuare in maniera diversa le lezioni.

Però… ci sono tanti però che aumentano quanto più l’eta degli scolari diminuisce.

Ovvio che i bambini più piccoli hanno maggiori difficoltà e minori benefici, a differenza dei grandi (quelli delle superiori) che possono adattarsi meglio. A tal proposito è necessario trovare un equilibrio tra emergenza sanitaria contingente e diritti degli studenti bambini. E se è ipotizzabile per alcuni periodi fare 100% di Dad è anche poi importante far calare questa percentuale e introdurre la presenza.

Come? Per fasce d’età:

  • 3 / 11 anni dall’80% al 100% di attivitià presenza 
  • 12 / 14 anni dal 50% all’80% di attività in presenza
  • oltre i 14 anni garantiamo il 30% di attività in presenza

Questo significa essere contro la Dad? Certo che no, anzi!
Questo significa che è giusto riaprire le scuole a prescindere? Certo che no, anzi!

Significa riacquistare quella capacità di analisi necessaria a introdurre nuovi strumenti e nuove metodologie in processi e contesti complessi, che invece non possono essere lasciati (vergognosamente) ai sondaggi sui gruppi Facebook e Whatsapp dei genitori invasati o dai politici politicanti che strumentalizzano il problema per meri interessi elettorali.

Questo, sinteticamente, è ciò che penso della didattica a distanza, che purtroppo oggi non è la scuola digitale di cui abbiamo bisogno.

Nasce Fare Digitale

Il primo seme con tantissimi amici lo abbiamo seminato a marzo quando a tutti è apparso evidente come il nostro paese avesse notevoli difficoltà ad affrontare le sfide enormi a cui eravamo sottoposti.

Pensiamo ai primi giorni dei nostri bambini in #DAD (Didattica Distanza) oppure la difficoltà delle aziende di riconvertire i flussi informativi per organizzare forme di lavoro remoto (o Smart Working).
Discorso a parte meriterebbe la PA e le fragilità endemiche che sono emerse ancora con maggiora evidenza.

Abbiamo deciso allora di rimboccarci le maniche, mettere sul tavolo cosa sappiamo fare e ragionare insieme su come trovare strade e soluzioni da mettere a disposizione di tutti. In maniera aperta, partecipata, apartitica.

Tuttavia per realizzare un progetto, o anche solo per iniziarlo, ci vuole tempo, tanto impegno e persone con cui condividere idee, entusiasmo e passione… in poche parole è necessario darsi molto da FARE:

🟨 il tempo a disposizione è sempre poco, ma pensiamo sia necessario trovarlo
🟨 l’impegno non è mai mancato
🟨 e infine grazie di cuore a chi ha sposato le idee e la filosfia di #FareDigitale, ogni giorno si aggiungono nuovi amici, citarli tutti è davvero impossibile

Ed ecco che dopo 7 mesi di ragionamenti, burocrazia da impazzire e la voglia di dare una mano nella diffusione e promozione della Cultura Digitale nasce l’associazione Fare Digitale.

Se ti va di unirti a noi, visita il sito e diventa socio di Fare Digitale!

Fare Digitale

Ladybug e il marketing territoriale

Vogliamo rendere attrattivi i nostri territori? Impariamo da quelli bravi.

Per realizzare un progetto di marketing territoriale efficace non servono documenti che nessuno leggerà mai o commissioni accademico-scientifiche, ma visione strategica, capacità di interpretare le richieste del mercato e di comprendere quali siano le occasioni favorevoli che rendono competitivo il territorio.

Per marketing territoriale si intende quel complesso di attività che hanno quale specifica finalità la definizione di progetti, programmi e strategie volte a garantire lo sviluppo di un comprensorio territoriale nel lungo periodo.

La serie animata Miraculous – Le storie di Ladybug e Chat Noir ambientata a Parigi è un chiaro esempio di successo di marketing territoriale.

La serie si rivolge ad un pubblico molto interessante compreso nella fascia d’età 8/14 anni (i cosiddetti preadolescenti). Chi si occupa di marketing conosce bene il meccanismo della richiesta figlio-genitore e viceversa: in questo caso non riguarda un prodotto tipico come un giocattolo o qualcosa di similare, ma addirittura un’esperienza turistica da vivere insieme, in famiglia. Se una figlia chiede al papà di andare a Parigi per vedere i luoghi dove vive Marinette (Ladybug ndr), la spinta emotiva all’acquisto è fortissima.

In più Ladybug si caratterizza per un disegno colorato, stilizzato, immediatamente riconoscibile e perché tutti gli episodi sono ambientati a Parigi, città bellissima di per sé, costruendo sull’attrattività un’offerta turistica perfetta per il territorio. Senza la scocciatura di dover girare spot promozionali alle 5 del mattino per evitare traffico e sporcizia.

Infine la serie ha una visione strategica perché agisce sul lungo periodo. Tante attività di promozione territoriale rispondono al criterio del hic et nunc, risultando commerciali e quindi sgradite al pubblico. Un cartone animato resta nel tempo, costruisce il desiderio, prepare all’esperienza e quindi all’acquisto.

Per questo ritengo che Miraculous – Le storie di Ladybug e Chat Noir sia un perfetto progetto di marketing territoriale ben strutturato con enormi potenzialità. Il rammarico (per modo di dire, complimenti ai cugini francesi) è che sia stato ideato e realizzato in Francia… invece in Italia a che punto siamo?