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La radio, la delocalizzazione e la rete

Succede che una nota radio (la quale ha quattro numeri nel nome che la somma fa otto) decide di promuovere una nota azienda (la quale ha un nonsoché di dorato e vende calze e intimo femminile) che qualche tempo fa ha deciso di delocalizzare gli stabilimenti in Serbia lasciando per strada centinaia di persone.

Succede che questa nota radio usa Facebook per la promozione e il “famoso popolo della rete” decide di ricordare alla nota radio cosa ha fatto la nota azienda.

A questo punto la nota radio invece di gestire al meglio l’enorme patata bollente decide di censurare tutto. Ma proprio tutto. E censura di sopra censura di sotto, ecco che scoppia il patatrac. Ed è qui che comincia il bello…

E poi anche…

(Aggiornamento alle 17.50 del 18.6.12)

Succede che – poiché mi hanno bloccato e non posso più scrivere sulla loro bacheca – dopo circa 15 minuti qualche mio amico decide di inserire nei commenti questo articolo…

E dopo 12 millesimi di secondo il commento è puff, svanito 🙂

(Aggiornamento alle 08.50 del 19.6.12)

Succede poi che vari amici cominciano anche loro a postare sulla bacheca della nota radio e a tenere traccia delle varie censure. E romantici come solo i poeti tedeschi di qualche secolo fa mi inviano per email gli screenshot che documentano il tutto.

E cosa potevo fare io se non pubblicarli? Grazie mille ragazzi! 🙂

Questo è il primo (di tantissimi, ma ve ne riporto solo due):

Questo è il secondo contributo:

Ora non ci resta che attendere, se mai ci sarà, una risposta ufficiale della nota radio o della nota azienda.

L’utilità del progresso

Di solito non lo faccio, ma stamattina mentre preparavo il latte al mio bimbo, navigando con l’iPhone mi son trovato davanti una di quelle storie che girano sui social e l’ho letta. Strano! Tutta. Ancora più strano!

Non penso che i fatti narrati siano realmente accaduti (anche se tutto può essere), ma ho letto tutta la storia e a posteriori devo dire che mi è stato utile.

Ma non la storia in sé.

Io da un po’ di tempo, purtroppo o per fortuna (tanto lavoro ed un bimbo adorabile che ha bisogno di tante attenzioni), non ho tempo per leggere, per pensare e riflettere. Grazie alla rete, ai social network, alle tecnologie mobile ogni tanto posso farlo, in modo diverso da prima, ma posso.

Insomma il punto vero di questo articolo è che questa è una delle tante facce positive del 3.0, dell’evoluzione della rete, del progresso.

A margine vi riporto anche la storia in questione che, aldilà di come sia scritta (l’autore lascia un po’ a desiderare) e da come la si pensi, ripeto, mi è stata in qualche modo utile. Buona lettura :).

“Mentre mia moglie mi serviva la cena, le presi la mano e le dissi: ”Devo parlarti”.
Lei annui e mangiò con calma. La osservai e vidi il dolore nei suoi occhi, quel dolore che all’improvviso mi bloccava la bocca. Mi feci coraggio e le dissi:’ ‘Voglio il divorzio”. Lei non sembrò disgustata dalla mia domanda e mi chiese soavemente: ”Perché?”.
Quella sera non parlammo più e lei pianse tutta la notte. Io sapevo che lei voleva capire cosa stesse accadendo al nostro matrimonio, ma io non potevo risponderle. Aveva perso il mio cuore a causa di un’altra donna, Giovanna! Io ormai non amavo più mia moglie, mi faceva solo tanta pena.
Mi sentivo in colpa, ragion per cui sottoscrissi nell’atto di separazione che a lei restasse la casa, l’auto e il 30% del nostro negozio. Lei quando vide l’atto lo strappo a mille pezzi! Come?! Avevamo passato dieci anni della nostra vita insieme ed eravamo ridotti a due perfetti estranei?!.
A me dispiaceva tanto per tutto questo tempo che aveva sprecato insieme a me, per tutte le sue energie, però non potevo farci nulla, io amavo Giovanna!
All’improvviso mia moglie cominciò a urlare e a piangere ininterrottamente per sfogare la sua rabbia e la sua delusione, l’idea del divorzio cominciava ad essere realtà.
Il giorno dopo tornai a casa e la incontrai seduta alla scrivania in camera da letto che scriveva, non cenai e mi misi a letto ero molto stanco dopo una giornata passata con Giovanna.
Durante la notte mi svegliai e vidi mia moglie sempre li’ seduta a scrivere, mi girai e continuai a dormire. La mattina dopo mia moglie mi presentò le condizioni affinché accettasse la separazione. Non voleva la casa, non voleva l’auto, tantomeno il negozio, soltanto un mese di preavviso, quel mese che stava per cominciare l’indomani. Inoltre voleva che in quel mese vivessimo come se nulla fosse accaduto! Il suo ragionamento era semplice: ”Nostro figlio in questo mese ha gli esami a scuola e non è giusto distrarlo con i nostri problemi”. Io fui d’accordo però lei mi fece un ulteriore richiesta: ”Devi ricordarti del giorno in cui ci sposammo, quando mi prendesti in braccio e mi accompagnasti nella nostra camera da letto per la prima volta, in questo mese però ogni mattina devi prendermi in braccio e devi lasciarmi fuori dalla porta di casa”.
Pensai che avesse perso il cervello, ma acconsentii per non rovinare le vacanze estive a mio figlio per superare il momento in pace. Raccontai la cosa a Giovanna che scoppiò in una fragorosa risata dicendo: ”Non importa che trucchi si sta inventando tua moglie, dille che oramai tu sei mio, se ne faccia una ragione!”.
Io e mia moglie era da tanto che non avevamo più intimità, così quando la presi in braccio il primo giorno eravamo ambedue imbarazzati, nostro figlio invece camminava dietro di noi applaudendo e dicendo: ” Grande papà, ha preso la mamma in braccio!”.
Le sue parole furono come un coltello nel mio cuore, camminai dieci metri con mia moglie in braccio, lei chiuse gli occhi e mi disse a bassa voce: ”Non dirgli nulla del divorzio, per favore”. Acconsentii con un cenno, un po’ irritato, e la lasciai sull’uscio. Lei uscì e andò a prendere il bus per andare al lavoro.
Il secondo giorno eravamo tutti e due piu’ rilassati, lei si appoggiò al mio petto e potetti sentire il suo profumo sul mio maglione. Mi resi conto ch era da tanto tempo che non la guardavo. Mi resi conto che non era più così giovane, qualche ruga, qualche capello bianco! Si notava il danno che le avevo fatto! Ma cosa avevo potuto fare da ridurla così?
Il quarto giorno, prendendola in braccio come ogni mattina avvertii che l’intimità stava ritornando tra noi, questa era la donna che mi aveva donato dieci anni della sua vita, la sua giovinezza, un figlio e nei giorni a seguire ci avvicinammo sempre più. Non dissi nulla a Giovanna per rispetto!
Ogni giorni era più facile prenderla in braccio e il mese passava velocemente. Pensai che mi stavo abituando ad alzarla, e per questo ogni giorno che passava la sentivo più leggera. Una mattina lei stava scegliendo come vestirsi, si era provata di tutto, ma nessun indumento le andava bene e lamentandosi disse: ”I miei vestiti mi vanno grandi”. Lì mi resi conto che era dimagrita tanto, ecco perché mi sembrava così leggera! Di colpo mi resi conto che era entrata in depressione, troppo dolore e troppa sofferenza pensai. Senza accorgermene le toccai i capelli, nostro figlio entrò all’improvviso nella nostra stanza e disse: ”Papà è arrivato il momento di portare la mamma in braccio (per lui era diventato un momento basilare della sua vita).
Mia moglie lo abbracciò forte ed io girai la testa, ma dentro sentivo un brivido che cambiò il mio modo di vedere il divorzio. Ormai prenderla in braccio e portarla fuori cominciava ad essere per me come la prima volta che la portai in casa quando ci sposammo, la abbracciai senza muovermi e sentii quanto era leggera e delicata, mi venne da piangere! L’ultimo giorno feci la stessa cosa e le dissi: ”Non mi ero reso conto di aver perduto l’intimità con te”.
Mio figlio doveva andare a scuola e io lo accompagnai con la macchina, mia moglie restò a casa. Mi diressi verso il posto di lavoro, ma a un certo punto passando davanti casa di Giovanna mi fermai, scesi e corsi sulle scale, lei mi aprì la porta e io le dissi: ”Perdonami, ma non voglio più divorziare da mia moglie. Lei mi guardò e disse: “Ma sei impazzito?” Io le risposi: ”No, è solo che amo mia moglie, era stato un momento di noia e di routine che ci aveva allontanato, ma ora ho capito i veri valori della vita, dal giorno in cui l’ho portata in braccio mi sono reso conto osservandola e guardandola che dovevo farlo per il resto della mia vita!”
Giovanna pianse mi tirò uno schiaffo e entrò in casa sbattendomi in faccia la porta. Io scesi le scale velocemente, andai in macchina e mi fermai in un negozio di fiori. Le comprai un mazzo di rose e la ragazza del negozio mi disse: “Cosa scriviamo sul biglietto?” Le dissi: ”Ti prenderò in braccio ogni giorno della mia vita finché morte non ci separi”.
Arrivai di corsa a casa, feci le scale entrai e di corsa mi precipitai in camera felicissimo e col sorriso sulla bocca, ma mia moglie era a terra, morta!
Stava lottando contro il cancro ed io che invece ero occupato a passare il tempo con Giovanna senza nemmeno accorgermene. Lei per non farmi pena non me lo aveva detto, sapeva che stava per morire e per questo mi chiese un mese di tempo. Si un mese, affinché a nostro figlio non rimanesse un cattivo ricordo del nostro matrimonio, affinché nostro figlio non subisse traumi, affinché a nostro figlio rimanesse impresso il ricordo di un padre meraviglioso e innamorato della madre.”


Se avessi un po’ di umiltà, sarei perfetto

Ultimamente varie diatribe hanno infuocato le varie piazze social più trafficate, ed io ho paura. Sì ho paura che la rete diventi come la televisione: autoreferenziale, monotona, vecchia, inutile.

E la responsabilità è dei guru, dei professoroni, degli infallibili esperti, dei super-mitici-fantastici professionisti digitali. Di quelli che la mattina si guardano allo specchio e pensano: se avessi un po’ di umiltà, sarei perfetto.

Ma smettetela, scendete dal piedistallo e fate qualcosa di veramente utile. Siete più attenti a guardarvi l’ombelico che a fare vera innovazione, siete più propensi a fare polemiche inutili (per fregarvi i clienti gli uni con gli altri) che a lavorare per dare un futuro migliore a questa nostra società traballante.

Non sto sparando nel mucchio, non sto facendo di tutta un’erba un fascio, quindi spero di non aver toccato la suscettibilità di nessuno (di coloro i quali non volevo toccarla :-)).

Di personaggi che si autodefinivano infallibili e perfetti ne abbiamo avuti tanti, forse ora è giunto il momento di voltare pagina.


Il terremoto è business 2.0 (che schifo)

Mentre tanta gente è ancora sotto le macerie. Mentre si contano i danni del terremoto che stamattina ha colpito l’Emilia. Mentre scorrono le lacrime dei sopravvisuti.

Mentre accade tutto questo gli squali girano attorno alle prede per approfittare delle loro debolezze.

Questi sono gli squali di Groupalia.

Questi sono gli squali di Prenotable.

Questi sono gli squali di Brux Sport.

Anche ieri parlavo degli squali che nuotano nel Web: a me certe cose fanno rabbrividire e non riesco ad abituarmi.

Ogni ragionamento ulteriore lo lascio alla vostra sensibilità.

I limiti del SEO

Se ti dico Mercury cosa ti viene in mente?

Se sei un appassionato di musica penserai al mitico Freddy Mercury cantante dei Queen.

Se sei un chimico abituato a leggere testi in inglese forse ti verrà in mente l’elemento chimico, il mercurio.

Stesso ragionamento vale se sei un accademico astronomo, Mercury per te è il primo pianeta del sistema solare.

Invece se si cerca Mercury su Google cosa ci risponde il motore di ricerca? In futuro probabilmente in base a chi glielo chiede la grande G darà risposte diverse, conoscerà l’appassionato di musica, l’astronomo e il chimico ed offrirà a ciascuno di loro il risultato più pertinente. O no? Forse.

E oggi? Incredibile ma vero Google associa la parola Mercury principalmente alla Mercury Marine, un’azienda americana produttrice di motori marini.

Questo vuol dire che ci sono più appassionati di nautica che di musica, astronomia o chimica? Lasciamo la risposta definitiva ai veri esperti di SEO; quello che però si può dire è che i motori di ricerca dovranno forzatamente premiare solo un significato del termine “Mercury”, penalizzando gli altri. Oppure personalizzare talmente efficacemente le ricerche da offrire il significato più pertinente in base al singolo utente (alcuni parlano di Web Semantico come la nuova frontiera).

Qualsiasi sia la strada che prenderà la SEO in futuro, ora possiamo però affermare che il SEO ha molti limiti e che è utile solo se fatto bene, con onestà e profondo rispetto per la propria professione e per il cliente.

Quindi attenzione ai fuffologi, quelli che ti vendono le parole chiave nelle buste della Coop, che ti indicizzano il sito tot al chilo (magari non spiegandovi la differenza tra indicizzare e posizionare), quelli un po’ senza scrupoli che sulle tue spalle si quotano in borsa.