I musei oggi si trovano di fronte a una doppia sfida: non basta raggiungere e attrarre nuovi visitatori, ma è necessario trovare il modo per comunicare il proprio patrimonio in modo nuovo, che lo renda fruibile e più vicino alle esigenze di conoscenza ed esperienza di cittadini, turisti e nuovi pubblici. Le istituzioni, tra difficoltà di varia natura, hanno la necessità di raccogliere la sfida della trasformazione e dell’innovazione digitale.
Le tecniche di fundraising, la conoscenza delle nuove dinamiche comunicative e l’utilizzo consapevole degli strumenti digitali sono leve indispensabili per sfruttare al meglio le opportunità della rivoluzione culturale e tecnologica in atto, ponendo il pubblico al centro di ogni strategia di comunicazione e marketing culturale.
Per questo motivo con Raffaele Picilli, fundraiser di grande esperienza, abbiamo deciso di scrivere “Fundraising e marketing per i musei“, un libro frutto di tanti mesi di lavoro, anni di esperienza sul campo e viaggi in giro per i musei europei per studiare novità e pratiche di successo. Marketing, digitale e fundraising possono davvero dare uno svolta alla vita dei musei, ma anche e soprattutto dei territori che li ospitano, in uno scambio sinergico che porta sviluppo culturale, sociale e economico. Da inguaribili ottimisti noi crediamo fortemente nel marketing culturale e nelle tecniche di fundraising per i musei, e siamo sicuri che il 2020 sia l’anno della svolta.
Alla presentazione del libro “Fundraising e marketing per i musei” hanno partecipato il Presidente Alfonso Andria e il direttore Gabriel Zuchtriegel del Parco Archeologico di Paestum e Velia. Durante l’incontro si è discusso di come il marketing e il fundraising possano aiutare concretamente i musei a costruire rapporti e relazioni di valore con i visitatori e con il territorio di appartenenza. Molto interessante la discussione finale con il Presidente Andria e il direttore Zuchtriegel sul futuro dei musei e i musei del futuro.
Vogliamo rendere attrattivi i nostri territori? Impariamo da quelli bravi.
Per realizzare un progetto di marketing territoriale efficace non servono documenti che nessuno leggerà mai o commissioni accademico-scientifiche, ma visione strategica, capacità di interpretare le richieste del mercato e di comprendere quali siano le occasioni favorevoli che rendono competitivo il territorio.
Per marketing territoriale si intende quel complesso di attività che hanno quale specifica finalità la definizione di progetti, programmi e strategie volte a garantire lo sviluppo di un comprensorio territoriale nel lungo periodo.
La serie animata Miraculous – Le storie di Ladybug e Chat Noir ambientata a Parigi è un chiaro esempio di successo di marketing territoriale.
La serie si rivolge ad un pubblico molto interessante compreso nella fascia d’età 8/14 anni (i cosiddetti preadolescenti). Chi si occupa di marketing conosce bene il meccanismo della richiesta figlio-genitore e viceversa: in questo caso non riguarda un prodotto tipico come un giocattolo o qualcosa di similare, ma addirittura un’esperienza turistica da vivere insieme, in famiglia. Se una figlia chiede al papà di andare a Parigi per vedere i luoghi dove vive Marinette (Ladybug ndr), la spinta emotiva all’acquisto è fortissima.
In più Ladybug si caratterizza per un disegno colorato, stilizzato, immediatamente riconoscibile e perché tutti gli episodi sono ambientati a Parigi, città bellissima di per sé, costruendo sull’attrattività un’offerta turistica perfetta per il territorio. Senza la scocciatura di dover girare spot promozionali alle 5 del mattino per evitare traffico e sporcizia.
Infine la serie ha una visione strategica perché agisce sul lungo periodo. Tante attività di promozione territoriale rispondono al criterio del hic et nunc, risultando commerciali e quindi sgradite al pubblico. Un cartone animato resta nel tempo, costruisce il desiderio, prepare all’esperienza e quindi all’acquisto.
Per questo ritengo che Miraculous – Le storie di Ladybug e Chat Noir sia un perfetto progetto di marketing territoriale ben strutturato con enormi potenzialità. Il rammarico (per modo di dire, complimenti ai cugini francesi) è che sia stato ideato e realizzato in Francia… invece in Italia a che punto siamo?
Valore, valorizzazione e valori: una sfida da cogliere e da vincere per lo sviluppo del patrimonio culturale.
La parola “valore”, come leggiamo nel Dizionario della Filosofia di Nicola Abbagnano, che è stato un fondamentale punto di riferimento nel corso degli studi universitari di noi ultrasessantenni, “fin dall’antichità fu usata a indicare l’utilità o il prezzo dei beni materiali e la dignità o il merito delle persone”.
Già il sostantivo greco αξια (axìa) indicava tanto il pregio, il prezzo di un oggetto, quanto il merito di una persona, l’aggettivo αξιοσ (àxios) sia ciò che valeva, sia chi era meritevole e il verbo αξιοω (axiòo) sia il valutare il prezzo di un bene, sia l’apprezzare come meritevole un individuo. La lingua latina distingueva le diverse accezioni in due differenti parole: praetium, che si riferiva al valore materiale e venale – sulla base del quale un oggetto poteva diventare praetiosus – e virtus che si riferiva al valore morale, alla forza d’animo, al coraggio, a chi era virtuosus.
La nostra lingua, pur essendo di origine neolatina, ha assegnato nel tempo alla parola valore, la stessa ampiezza di confini semantici della parola greca αξια, accogliendo sia il significato riferito al valore materiale, al praetium latino, sia il significato di valore morale riferito alla virtus.
Coerentemente, anche la valorizzazione del nostro patrimonio culturale può e deve svilupparsi con un impegno parallelo per diffondere conoscenza e fruizione, e per individuare in esso fonti energetiche anche economiche: come dire virtus, ma anche preatium.
Qualcuno ha sostenuto e ripetuto che i beni culturali italiani possono essere considerati il “nostro petrolio”.
Considerazione che, detto per inciso, avrebbe dovuto spingere chi ci governa e chi fa le leggi, a incentivare nelle scuole lo studio della storia dell’arte e soprattutto del latino e del greco antico, che al di là del loro valore per il recupero della nostra coscienza storica, sono strumenti di lavoro per chi deve dedicarsi alla tutela, alla conservazione, alla divulgazione e, in una parola, alla valorizzazione di un patrimonio culturale che tutto il mondo ci invidia.
Un’occasione probabilmente mancata. Ma a questa mancata occasione si contrappone la volontà diffusa di chi sente il bisogno di partecipare attivamente, di condividere con l’azione di volontariato e di contribuire economicamente per sentirsi protagonista attivo della crescita della cultura del nostro paese. E per cultura, tra le tante non sempre convergenti definizioni, ci piace accogliere quella indicata da David Throsby, nel suo saggio del 2001 Economics and culture, citata in apertura da Gabriele Granato e Raffaele Picilli: è cultura “tutto ciò che riguarda le credenze, gli usi e i costumi condivisi da una comunità”.
Un efficace programma di valorizzazione del nostro patrimonio culturale, allora, non può non passare attraverso la condivisione di tutti, con appelli e coinvolgimenti che le nuove vie della comunicazione consentono.
Chi ha lavorato nel settore dei beni culturali, sa bene che l’accrescimento del patrimonio delle biblioteche, dei musei, delle gallerie e la tutela e la conservazione di siti archeologici e di beni paesaggistici e demo-etno-antropologici, sono stati in passato agevolati dal mecenatismo e dalla generosità di donatori.
Ora non è più tempo, per chi gestisce il nostro patrimonio, di attendere, quando arriva, l’azione del benefattore.
E non bastano più i soli organi centrali e periferici dello Stato per la tutela dell’integrità del bene, per la sua valorizzazione e lo sviluppo della sua funzione di educazione e di crescita culturale, umana ed economica. Diventa indispensabile la condivisione con tutti e con tutte le energie disponibili.
Oggi intorno a una volontà che appare in crescita, vuoi per generosità, vuoi per interessi fiscali, vuoi per desiderio di partecipazione personale attiva, anche con prestazione d’opera e di servizio, è arrivato il momento di fare sistema, di creare professionalità e procedure specifiche e specializzate.
Da qualche tempo sta nascendo anche in Italia, per L’inestimabile valore del patrimonio che ci sta intorno, il fundraising.
Gabriele Granato e Raffaele Picilli, coordinatori di un prestigioso gruppo di lavoro ed essi stessi autori, danno alle stampe, affidandolo a un editore di consolidatissima esperienza come Rubbettino, questo libro.
Ci viene spiegato come si organizzano e si gestiscono i sistemi di comunicazione, di informazione e di coinvolgimento nella conoscenza e nella valorizzazione del patrimonio; come si organizzano piani articolati di ricerca fondi; quali possono essere i parametri ai quali riferirsi; quali i binari dei tessuti sociali e produttivi sui quali incanalare l’attività di individuazione e di coinvolgimento di eventuali partecipanti e stakeholder; quali le esperienze straniere di eccellenza cui riferirsi; come si organizzano, insomma, marketing e fundraising per il patrimonio culturale, dato il suo Inestimabile valore.
Ma soprattutto invitano i lettori a raccogliere questa nuova, vera e propria sfida e a scommettere su di essa.