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L’Antropologia al servizio del Marketing (e della Birra)

Nel 2006 un importante produttore di birra europeo (che chiameremo BeerCo) riscontrò un calo delle vendite nei pub e nei locali, e tutte le ricerche di mercato e analisi competitive che commissionava non riuscivano a scoprire le cause.
Il prodotto, una classica birra chiara, ai clienti piaceva e nei negozi le vendite erano in aumento. Ma nei locali c’era qualcosa che non scattava e le campagna promozionali sembravano finire nel nulla.

Dov’era il problema?

Esauriti gli approcci convenzionali la BeerCo incaricò una squadra di antropologi sociali di visitare una dozzina di bar per svelare il mistero.
Gli antropologi affrontarono il progetto come se si trattasse di studiare una semisconosciuta tribù del Borneo. Si immersero nella vita dei pub osservando i comportamenti degli esercenti, del personale e dei clienti abituali, senza alcuna ipotesi precostituita su quello che avrebbero potuto scoprire.
Tornarono con 150 ore di filmati, migliaia di fotografia e centinaia di pagine di appunti.

Pian piano cominciarono ad emergere degli schemi generali. La BeerCo era convinta che gli esercenti apprezzassero i suoi materiali promozionali – sottobicchieri, adesivi, magliette – ma in realtà tutti questi articoli nella migliore delle ipotesi erano poco utilizzati, e nei casi peggiori erano oggetto di scherno (in un bar un ricercatore li aveva trovati dentro una credenza con su scritto: “Scatola delle stronzate“).

Un’altra scoperta fu che le cameriere vedevano il loro lavoro come una schiavitù e non sopportavano di dover flirtare con i clienti, dicevano che si sentivano “spogliate con gli occhi”; inoltre, cosa ancor più grave, ne sapevano molto poco dei prodotti della BeerCo e non avevano alcun desiderio di saperne di più: eppure erano uno dei principali canali di vendita.

Sull’onda di queste scoperte, la BeerCo si convinse della necessità di modificare radicalmente il proprio approccio a pub e locali. Invece di bombardarli con materiali promozionali uguali per tutti, l’azienda cominciò a personalizzare gli articoli. Insegnò ai venditori a capire meglio con che tipo di locale avevano a che fare e inventò uno strumento per aiutare gli esercenti a organizzare le campagne di vendita.
Creò delle “accademie” sul posto di lavoro per approfondire la conoscenza dei suoi prodotti tra il personale, e cercò di accattivarsi le simpatie delle cameriere offrendo un servizio di taxi per le dipendenti che lavoravano fino a tarda ora.

Dopo due anni le vendite nei pub e nei locali tornarono a salire, e il fatturato e la quota di mercato dell’azienda continuarono a crescere.

(Fonte: Harward Business Review – Marzo 2014)

birra

#TurnOfftoTurnOn – L’Ora della Terra

Altro splendido video che fa il paio con quello di ieri.

 

Il segreto è sempre lo stesso, metterci l’anima, toccare le corde giuste, far provare emozioni alle persone.

Durex ci dice infatti come sfruttare l’Ora della Terra e come di consueto lo fanno alla grandissima 🙂 !

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Do It For Denmark!

Può il sesso salvare il futuro della Danimarca?

Beh certo che sì, e questo è  un ottimo modo per ripopolare i paesi “anziani” a basso tasso di natalità!

 

Straordinaria campagna della agenzia di viaggi Spies.dk: bravissimi!

 

Do it for denmark

Sei di Pollena Trocchia se…

Sì, esiste! Sfatiamo un mito, Pollena Trocchia esiste 🙂 , ma non è di questo che vi voglio parlare.

L’altra sera, cioè meno di 48 ore fa, ho voluto fare un esperimento sociale/digitale: come tanti altri in queste ore, ho creato un gruppo su Facebook che si chiama appunto “Sei di Pollena Trocchia se… (Link)“.
Ho messo un’immagine di copertina d’epoca, ho invitato una decina di amici del luogo e stop, mi son fermato. Niente più! Da quel momento ho semplicemente aspettato per osservare gli sviluppi successivi.

In meno di 2 giorni, in maniera totalmente spontanea, hanno chiesto di aderire al gruppo 1300 (in aumento) e qualche post ha addirittura raggiunto i 600 commenti. Sono stati scritti articoli di giornale e se ne parla in giro come quando quella volta la figlia di una nota signora rimase incinta a 16 anni.

Senso di appartenenza, voglia di ritrovare vecchie amicizie, piacere di rivivere momenti passati, questi sono gli ingredienti di questo – possiamo dirlo – fenomeno sociale.

Parlare di viralità forse è anche riduttivo.

L’esperimento infatti ha prodotto alcuni interessanti frutti e vorrei condividere con voi i pensieri che ne sono scaturiti:

  • innanzitutto mi pare oramai evidente che la Rete, il Web, i dispositivi mobile sono sempre più strumenti e canali che interessano sempre più discipline come la psicologia e l’economia sociale, e non solo quindi più solo ad appannaggio dell’informatica e della tecnologia;
  • quando si parla di viral marketing e di buzz, bisogna rendersi conto che ci sono delle “regole sociali” che vanno rispettate: non c’è nessuno che ha la bacchetta magica, il passaparola (tecnica di marketing che va per la maggiore) non si crea dal nulla, ma va alimentato sfruttando le emozioni e la spontaneità. Altrimenti rischia di non essere efficace, in quanto fuffaro, finto e le persone se ne accorgono!
  • infine ho dimostrato, grazie alle tantissime persone che stanno partecipando, che Pollena Trocchia non è un paese dell’altro mondo, non è fatto di moribondi, ma esiste, è vivo ed è fatto da persone eccezionali che se stimolate nel modo giusto sarebbero capaci di fare ed esprimere una forza ed un entusiasmo senza pari.

Ma purtroppo viviamo in un mondo che tarpa le ali, dove le energie, i sogni e la voglia di fare devono essere messi a tacere, altrimenti quei pochi padroni e quaquaraquà non possono continuare a fare i loro loschi intrallazzi!

Viva la Rete.

Viva i Social Network, reali e virtuali.

Viva pure Pollena Trocchia che merita qualcosa di più 🙂 !

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La Follia collettiva e il Winner Taco

Una domandina per tutti gli appassionati (bah!) del #WinnerTaco: ma se era così buono e frotte di genti se lo mangiavano, perché era stato messo fuori produzione?

Insomma è come se domani Rai YoYo decidesse di non trasmettere più Peppa Pig, come se la Ferrero smettesse di produrre la Nutella (oddio, ho bestemmiato, chiedo perdono), come se il PD preferirebbe la qualunque all’unico che potrebbe “forse” vincere le elezioni (ops…).

Ma chi è Tafazzi il tizio dell’Algida?
Gli piace di soffrire e la sera si fa frustare da una squadra di camionisti bulgari?

Io più che sul ritorno del Winner Taco (ma ci faranno una trilogia?), indagherei sulla infermità mentale dei dirigenti algidesi o su tutti quanti noi che non abbiamo niente di meglio da fare che parlare di un gelato che il croccantino all’amarena se lo fuma a colazione 😉 .

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[Ecco ci sono cascato pure io ed ho contribuito a questa gigantesca catena di sant’antonio digitale su un gelato che quando (e se) uscira, costerà il doppio e sarà grande la metà!]