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Censurare è la cosa migliore (o no?)

Sono passate 2 settimane dal polverone RTL102.5 / GoldenPoint (clicca qui per rinfrescarti la memoria): migliaia di tweet, articoli su articoli contro la politica della nota radio di bannare e censurare gli utenti, indignazione e vergogna.

Sembrava che potesse cascare il mondo o quantomeno l’ondata di proteste pareva tale da indurre la radio a delle scuse, a una retromarcia, insomma a una reazione che riportasse il tutto nei binari della buona convivenza social.

E invece…

Invece niente. Gli utenti bannati, rimangono bannati e non possono più interagire con il brand su Facebook. Le scuse non sono arrivate. La radio è lì bella, linda e profumata come se non fosse accaduto nulla.

D’altra parte il moto di indignazione nazional-popolare del cosiddetto movimento della rete è andato – com’era prevedibile – scemando. Nessuno più s’interessa della delocalizzazione della OMSA, del vergognoso comportamento censorio della radio, niente. Tutto tace. Si parla d’altro.

Nuovi stimoli, nuovi argomenti da chiacchierare. Nuovo giro, nuova corsa.

E allora cosa si può imparare da questa spiacevole vicenda?

Che probabilmente ha fatto bene la radio a reagire in questo modo: censura e chiusura totale. Nessuna reazione se non la palese volontà di non comunicare con chi poneva domande, anche semplici ed educate.

Tutti quelli che studiano le dinamiche sociali dovrebbero rifletterci attentamente: probabilmente censurare è la cosa migliore.

Italia – Germania: le due facce della stessa medaglia

Italia Germania non è una partita di calcio, ma un racconto epico che va avanti dalla notte dei tempi.

Una disfida storica, sentita, profonda.

Siamo diversi ma non per questo lontani. Rivali ma non odiati. Uniti dal destino per scontrarci e batterci. Siamo le due facce della stessa medaglia.

L’Italia non sarebbe la stessa senza la Germania e viceversa.
L’Italia fallirebbe senza la Germania e viceversa.

E questa vittoria non avrebbe lo stesso sapore se dall’altra parte non ci fossero i crucchi.

Grazie Germania, è anche grazie a te che amiamo questo pazzo e sublime paese alla follia.

Grazie Germania, perché ogni tanto ci dai la possibilità di ricordare quanto è bello essere italiani :-).

Italia – Germania 4-3 (Messico 1970)
Italia – Germania 3-1 (Spagna 1982)
Italia – Germania 2-0 (Germania 2006)
Italia - Germania 2-1 (Ucrania e Polonia 2012)

L’utilità del progresso

Di solito non lo faccio, ma stamattina mentre preparavo il latte al mio bimbo, navigando con l’iPhone mi son trovato davanti una di quelle storie che girano sui social e l’ho letta. Strano! Tutta. Ancora più strano!

Non penso che i fatti narrati siano realmente accaduti (anche se tutto può essere), ma ho letto tutta la storia e a posteriori devo dire che mi è stato utile.

Ma non la storia in sé.

Io da un po’ di tempo, purtroppo o per fortuna (tanto lavoro ed un bimbo adorabile che ha bisogno di tante attenzioni), non ho tempo per leggere, per pensare e riflettere. Grazie alla rete, ai social network, alle tecnologie mobile ogni tanto posso farlo, in modo diverso da prima, ma posso.

Insomma il punto vero di questo articolo è che questa è una delle tante facce positive del 3.0, dell’evoluzione della rete, del progresso.

A margine vi riporto anche la storia in questione che, aldilà di come sia scritta (l’autore lascia un po’ a desiderare) e da come la si pensi, ripeto, mi è stata in qualche modo utile. Buona lettura :).

“Mentre mia moglie mi serviva la cena, le presi la mano e le dissi: ”Devo parlarti”.
Lei annui e mangiò con calma. La osservai e vidi il dolore nei suoi occhi, quel dolore che all’improvviso mi bloccava la bocca. Mi feci coraggio e le dissi:’ ‘Voglio il divorzio”. Lei non sembrò disgustata dalla mia domanda e mi chiese soavemente: ”Perché?”.
Quella sera non parlammo più e lei pianse tutta la notte. Io sapevo che lei voleva capire cosa stesse accadendo al nostro matrimonio, ma io non potevo risponderle. Aveva perso il mio cuore a causa di un’altra donna, Giovanna! Io ormai non amavo più mia moglie, mi faceva solo tanta pena.
Mi sentivo in colpa, ragion per cui sottoscrissi nell’atto di separazione che a lei restasse la casa, l’auto e il 30% del nostro negozio. Lei quando vide l’atto lo strappo a mille pezzi! Come?! Avevamo passato dieci anni della nostra vita insieme ed eravamo ridotti a due perfetti estranei?!.
A me dispiaceva tanto per tutto questo tempo che aveva sprecato insieme a me, per tutte le sue energie, però non potevo farci nulla, io amavo Giovanna!
All’improvviso mia moglie cominciò a urlare e a piangere ininterrottamente per sfogare la sua rabbia e la sua delusione, l’idea del divorzio cominciava ad essere realtà.
Il giorno dopo tornai a casa e la incontrai seduta alla scrivania in camera da letto che scriveva, non cenai e mi misi a letto ero molto stanco dopo una giornata passata con Giovanna.
Durante la notte mi svegliai e vidi mia moglie sempre li’ seduta a scrivere, mi girai e continuai a dormire. La mattina dopo mia moglie mi presentò le condizioni affinché accettasse la separazione. Non voleva la casa, non voleva l’auto, tantomeno il negozio, soltanto un mese di preavviso, quel mese che stava per cominciare l’indomani. Inoltre voleva che in quel mese vivessimo come se nulla fosse accaduto! Il suo ragionamento era semplice: ”Nostro figlio in questo mese ha gli esami a scuola e non è giusto distrarlo con i nostri problemi”. Io fui d’accordo però lei mi fece un ulteriore richiesta: ”Devi ricordarti del giorno in cui ci sposammo, quando mi prendesti in braccio e mi accompagnasti nella nostra camera da letto per la prima volta, in questo mese però ogni mattina devi prendermi in braccio e devi lasciarmi fuori dalla porta di casa”.
Pensai che avesse perso il cervello, ma acconsentii per non rovinare le vacanze estive a mio figlio per superare il momento in pace. Raccontai la cosa a Giovanna che scoppiò in una fragorosa risata dicendo: ”Non importa che trucchi si sta inventando tua moglie, dille che oramai tu sei mio, se ne faccia una ragione!”.
Io e mia moglie era da tanto che non avevamo più intimità, così quando la presi in braccio il primo giorno eravamo ambedue imbarazzati, nostro figlio invece camminava dietro di noi applaudendo e dicendo: ” Grande papà, ha preso la mamma in braccio!”.
Le sue parole furono come un coltello nel mio cuore, camminai dieci metri con mia moglie in braccio, lei chiuse gli occhi e mi disse a bassa voce: ”Non dirgli nulla del divorzio, per favore”. Acconsentii con un cenno, un po’ irritato, e la lasciai sull’uscio. Lei uscì e andò a prendere il bus per andare al lavoro.
Il secondo giorno eravamo tutti e due piu’ rilassati, lei si appoggiò al mio petto e potetti sentire il suo profumo sul mio maglione. Mi resi conto ch era da tanto tempo che non la guardavo. Mi resi conto che non era più così giovane, qualche ruga, qualche capello bianco! Si notava il danno che le avevo fatto! Ma cosa avevo potuto fare da ridurla così?
Il quarto giorno, prendendola in braccio come ogni mattina avvertii che l’intimità stava ritornando tra noi, questa era la donna che mi aveva donato dieci anni della sua vita, la sua giovinezza, un figlio e nei giorni a seguire ci avvicinammo sempre più. Non dissi nulla a Giovanna per rispetto!
Ogni giorni era più facile prenderla in braccio e il mese passava velocemente. Pensai che mi stavo abituando ad alzarla, e per questo ogni giorno che passava la sentivo più leggera. Una mattina lei stava scegliendo come vestirsi, si era provata di tutto, ma nessun indumento le andava bene e lamentandosi disse: ”I miei vestiti mi vanno grandi”. Lì mi resi conto che era dimagrita tanto, ecco perché mi sembrava così leggera! Di colpo mi resi conto che era entrata in depressione, troppo dolore e troppa sofferenza pensai. Senza accorgermene le toccai i capelli, nostro figlio entrò all’improvviso nella nostra stanza e disse: ”Papà è arrivato il momento di portare la mamma in braccio (per lui era diventato un momento basilare della sua vita).
Mia moglie lo abbracciò forte ed io girai la testa, ma dentro sentivo un brivido che cambiò il mio modo di vedere il divorzio. Ormai prenderla in braccio e portarla fuori cominciava ad essere per me come la prima volta che la portai in casa quando ci sposammo, la abbracciai senza muovermi e sentii quanto era leggera e delicata, mi venne da piangere! L’ultimo giorno feci la stessa cosa e le dissi: ”Non mi ero reso conto di aver perduto l’intimità con te”.
Mio figlio doveva andare a scuola e io lo accompagnai con la macchina, mia moglie restò a casa. Mi diressi verso il posto di lavoro, ma a un certo punto passando davanti casa di Giovanna mi fermai, scesi e corsi sulle scale, lei mi aprì la porta e io le dissi: ”Perdonami, ma non voglio più divorziare da mia moglie. Lei mi guardò e disse: “Ma sei impazzito?” Io le risposi: ”No, è solo che amo mia moglie, era stato un momento di noia e di routine che ci aveva allontanato, ma ora ho capito i veri valori della vita, dal giorno in cui l’ho portata in braccio mi sono reso conto osservandola e guardandola che dovevo farlo per il resto della mia vita!”
Giovanna pianse mi tirò uno schiaffo e entrò in casa sbattendomi in faccia la porta. Io scesi le scale velocemente, andai in macchina e mi fermai in un negozio di fiori. Le comprai un mazzo di rose e la ragazza del negozio mi disse: “Cosa scriviamo sul biglietto?” Le dissi: ”Ti prenderò in braccio ogni giorno della mia vita finché morte non ci separi”.
Arrivai di corsa a casa, feci le scale entrai e di corsa mi precipitai in camera felicissimo e col sorriso sulla bocca, ma mia moglie era a terra, morta!
Stava lottando contro il cancro ed io che invece ero occupato a passare il tempo con Giovanna senza nemmeno accorgermene. Lei per non farmi pena non me lo aveva detto, sapeva che stava per morire e per questo mi chiese un mese di tempo. Si un mese, affinché a nostro figlio non rimanesse un cattivo ricordo del nostro matrimonio, affinché nostro figlio non subisse traumi, affinché a nostro figlio rimanesse impresso il ricordo di un padre meraviglioso e innamorato della madre.”


Se avessi un po’ di umiltà, sarei perfetto

Ultimamente varie diatribe hanno infuocato le varie piazze social più trafficate, ed io ho paura. Sì ho paura che la rete diventi come la televisione: autoreferenziale, monotona, vecchia, inutile.

E la responsabilità è dei guru, dei professoroni, degli infallibili esperti, dei super-mitici-fantastici professionisti digitali. Di quelli che la mattina si guardano allo specchio e pensano: se avessi un po’ di umiltà, sarei perfetto.

Ma smettetela, scendete dal piedistallo e fate qualcosa di veramente utile. Siete più attenti a guardarvi l’ombelico che a fare vera innovazione, siete più propensi a fare polemiche inutili (per fregarvi i clienti gli uni con gli altri) che a lavorare per dare un futuro migliore a questa nostra società traballante.

Non sto sparando nel mucchio, non sto facendo di tutta un’erba un fascio, quindi spero di non aver toccato la suscettibilità di nessuno (di coloro i quali non volevo toccarla :-)).

Di personaggi che si autodefinivano infallibili e perfetti ne abbiamo avuti tanti, forse ora è giunto il momento di voltare pagina.


Il terremoto è business 2.0 (che schifo)

Mentre tanta gente è ancora sotto le macerie. Mentre si contano i danni del terremoto che stamattina ha colpito l’Emilia. Mentre scorrono le lacrime dei sopravvisuti.

Mentre accade tutto questo gli squali girano attorno alle prede per approfittare delle loro debolezze.

Questi sono gli squali di Groupalia.

Questi sono gli squali di Prenotable.

Questi sono gli squali di Brux Sport.

Anche ieri parlavo degli squali che nuotano nel Web: a me certe cose fanno rabbrividire e non riesco ad abituarmi.

Ogni ragionamento ulteriore lo lascio alla vostra sensibilità.